Il bonding padre-bambino avviene in diverse modalità.
Sono gli ormoni – o le abitudini – che spiegano perché i padri creano il legame affettivo con il bambino piccolo in modo diverso dalla mamma? La risposta vi sorprenderà.
Di David Sparrow, Direttore Parents Magazine
Greg Ikonen, 38 anni, è un avvocato di San Francisco, e il primo anno come genitore l’ha vissuto come una continua rincorsa per recuperare il tempo perduto.
Aveva cantato per sua figlia quando era ancora nella pancia della mamma, eppure non c’era confronto fra la sua interazione e il legame percepito da sua moglie Polly mentre la bambina cresceva dentro di lei. Per Greg ,come per molti altri papà, è stato solo in sala parto che l’esistenza della sua bambina è diventata realtà: “quando la testa di Sara ha iniziato a uscire, allora mi sono reso conto di stare sul punto di diventare padre”, ricorda Greg.
Sebbene Ikonen volesse essere davvero un papà coinvolto, stabilire il legame con la bambina si è rivelato difficile. La moglie aveva preso quattro mesi di congedo di maternità; lui invece si è potuto allontanare dall’ufficio solo per due settimane. “Ho dovuto sforzarmi fin dall’inizio per manifestare il mio affetto”, dice. “Inizialmente non ho ricevuto molta risposta dalla bambina; la notte in cui Sara, a 3 mesi, mi ha sorriso mentre attraversavo la porta è stata probabilmente la prima volta in cui mi sono sentito veramente legato a lei”.
Anche se il rapporto di Ikonen con la figlia, che ora ha 18 mesi, è cresciuto, lui si considera ancora un genitore “in panchina”, di riserva, una fonte di divertimento e intrattenimento, ma raramente diventa la figura di riferimento di Sara, ad esempio nei momenti di pianto. E pensa che ciò sia dovuto al fatto che tutto gioca a favore di sua moglie, a partire dal forte legame biologico e primitivo che si è creato fin dall’inizio tra di loro.
Questa percezione di Ikonen non è rara tra i padri di bambini piccoli. Nonostante il fatto che i papà del nuovo millennio si impegnino in compiti di cura e trascorrano più tempo con i loro bambini rispetto ai padri delle generazioni precedenti (quasi tre volte di più rispetto ai papà di 30 anni fa, secondo un sondaggio del Families and Work Institute di New York City), la grande maggioranza ritiene ancora di svolgere un ruolo di riserva per il proprio partner. Inoltre, i papà dicono che il loro rapporto con il figlio è più giocoso di quello della moglie, e che ci vuole più tempo per sentirsi a proprio agio in un ruolo di accudimento. Alan Beck, 40 anni, docente di scienze politiche al Juniata College di Huntingdon, Pennsylvania, è un esempio calzante. Crede di non essersi davvero legato con suo figlio fino a quando non ha potuto interagire con giochi come “Superboy”, in cui sollevava il bambino simulando di farlo “volare”. Beck dice: “Prima di allora, avevo la sensazione che mio figlio non mi conoscesse davvero. Spesso mi sentivo come il vicino stravagante che veniva e faceva cose divertenti per intrattenerlo, ma che non aveva un ruolo da protagonista”.
Il legame ormonale
Pochi negherebbero che portare un bambino nell’utero per nove mesi offre alle donne un grande vantaggio nel processo di bonding, tuttavia ricerche recenti suggeriscono che le differenze nel modo in cui madri e padri si legano ai loro bambini possono essere dovute sia all’educazione sociale che alla predisposizione biologica.
Fino a poco tempo fa si riteneva che gli uomini fossero fatti di ‘materia genitoriale’ inferiore. L’antropologa Margaret Mead una volta ha scherzato dicendo che i padri erano “una necessità biologica, ma un accidente sociale”, essenziali per fecondare un uovo, ma non così utili da quel momento in poi. Tuttavia una serie di studi recenti suggerisce esattamente il contrario: i padri sono dotati di capacità genitoriali paragonabili a quelle delle madri, e proprio come cambiano i corpi delle loro compagne (gli ormoni impazziscono durante e dopo la gravidanza), anche gli uomini possono subire cambiamenti ormonali significativi che li preparano a diventare padri.
In due studi canadesi, i futuri padri hanno mostrato un marcato cambiamento nei loro livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, nonché un aumento dell’ormone prolattina (associato all’allattamento e al comportamento genitoriale). Uno degli studi ha rilevato che gli uomini hanno un aumento dell’ormone femminile estradiolo. Gli studi hanno anche scoperto che i livelli di testosterone diminuiscono di un terzo durante le prime tre settimane dopo la nascita del bambino, un aggiustamento che gli scienziati ipotizzano sia il modo in cui la natura guida gli uomini a crearsi il nido piuttosto che cercare nuove compagne con le quali accoppiarsi. “Questi cambiamenti sembrerebbero aiutare i papà ad adattarsi al nuovo ruolo come genitori” afferma Anne E. Storey, Ph.D., professoressa di psicologia alla Memorial University di St. Johns, Newfoundland, e uno dei ricercatori dello studio.
Altri studi hanno confermato che gli uomini hanno un istinto di accudimento innato. La psicologa Marsha Kaitz, dell’Università Ebraica di Gerusalemme, ha scoperto che quando vista, udito e olfatto venivano soppressi, madri e padri che avevano trascorso almeno un’ora con la loro bambina erano ugualmente capaci di riconoscerla semplicemente sfiorandole il dorso delle mani. E Ross Parke, Ph.D., direttore del Center for Family Studies presso l’Università della California a Riverside, ha monitorato i comportamenti dei genitori durante i primi due giorni di vita dei bambini. La sua conclusione dopo molti anni di studio: gli uomini sono in sintonia come le donne con i segnali del bambino e altrettanto capaci di rispondere in modo appropriato.
Tuttavia è assolutamente chiaro che i papà e le mamme generalmente si relazionano con i loro bambini in modalità diversificata. Quando un bambino ha 8 settimane può facilmente distinguere tra i due stili genitoriali. Uno studio del Boston Children’s Hospital ha mostrato che quando i bambini venivano avvicinati dalle loro madri le loro pulsazioni e la frequenza respiratoria diminuivano, le spalle si rilassavano e le palpebre si abbassavano; quando invece si avvicinavano i padri il battito e la frequenza respiratoria aumentavano, le spalle si incurvavano e gli occhi si spalancarono, come se volessero anticipare una azione.
Fare a modo suo
Secondo Kyle Pruett, M.D., professore di psichiatria alla Yale University School of Medicine e autore di Fatherneed (Broadway, 2001), c’è una spiegazione semplice per questo fenomeno: “bambini e padri sono programmati per una relazione che è diversa, ma altrettanto importante, da quella con la madre”.
Gli studi del dottor Pruett su padri ‘casalinghi’ nel Connecticut rafforzano la sua teoria. Sebbene i papà di questo piccolo, ma crescente, gruppo sociale abbiano dimostrato di essere competenti nell’ accudimento, imparando rapidamente a distinguere un pianto da fame da quello per stanchezza, mantengono uno stile genitoriale “paterno” originale: hanno ancora un approccio più fisico di gioco e tendono ad assumere un ruolo normativo più pronunciato man mano che i figli crescono. Le loro mogli che lavorano tendono ad occuparsi dei rituali serali del bagnetto o della buonanotte e fanno la maggior parte degli acquisti di vestiti per il bambino, ruoli che le donne sembrano culturalmente condizionate a svolgere, indipendentemente dal fatto che lavorino.
“Uomini e donne approcciano i bambini in modo diverso perché si approcciano alla vita in modo diverso”, afferma Donald Skog, M.D., docente di pediatria clinica al Weill Medical College della Cornell University di New York City: “gli uomini confortano fisicamente, le donne emotivamente, e i legami che ne derivano sono diversi, anche se questo non indica che uno sia più forte dell’altro”.
Tuttavia, gli esperti sottolineano che gran parte di ciò che consideriamo istinti “materni” possono, in realtà, essere semplicemente tratti acquisiti. Dal gioco con le bambole al baby-sitter, le ragazze vengono educate a ‘nutrire’, osserva il dottor Parke. Ai ragazzi, d’altra parte, viene insegnato a essere fisici e a sopprimere le proprie emozioni. E la socializzazione differenziata continua nell’età adulta. È molto più probabile che le donne vengano sostenute da una rete di familiari e amici per superare le sfide della gravidanza e della genitorialità. Gli uomini invece hanno meno modelli ai quali fare riferimento e devono affrontare difficoltà se scelgono di svolgere un ruolo di educazione e di cura.
I papà che restano a casa, ad esempio, affrontano lo stigma di fare un “lavoro da donna”. John Glynn, 36 anni, di Midlothian, Virginia, inizialmente si è sentito a disagio quando ha lasciato il lavoro per prendersi cura di sua figlia quando la moglie è tornata al lavoro. Le sue difficoltà non erano legate a dubbi sulle sue capacità di genitore, ma piuttosto perché era spesso l’unico giovane uomo al parco giochi e perché alcune persone sembravano disapprovare il suo stile di vita; “ogni volta che uno dei miei vicini mi vedeva”, ricorda Glynn, “mi chiedeva: non hai ancora trovato un lavoro?”.
E’ una questione di tempo
C’è un’altra spiegazione per le difficoltà che gli uomini incontrano nel relazionare con i loro bambini: la mancanza di tempo. Per quanto le donne siano progredite nel mondo del lavoro, gli uomini rimangono i salariati primari nella maggior parte delle famiglie. Inoltre, mentre le donne in genere prendono un congedo di maternità di tre mesi o più, gli uomini di solito non si sentono a proprio agio a prendersi più di una o due settimane di congedo dopo la nascita del bambino (o non possono permetterselo). Quindi, la maggior parte dei nuovi padri ha solo le notti e i fine settimana per interagire con il bambino. A questo si aggiunge il fatto che più della metà di tutte le neomamme allatta al seno, limitando il ruolo del papà come dispensatore di cibo, e non sorprende che gli uomini di solito stabiliscano il legame più tardi delle donne.
Steve Bigwood, 32 anni, un falegname di Palo, Iowa, ammette che quando ha tenuto in braccio sua figlia, Rhianna, che ora ha 9 mesi, “avevo paura di romperla”. Ma si è rapidamente trasformato in Mr. Giocoso, dondolando e solleticando Rhianna, godendosi i conseguenti sorrisi, risatine e cinguettii. Sebbene le molteplici attività di cura di Bigwood – che si occupa di gran parte della cucina e compra la maggior parte degli abiti di Rhianna – abbia favorito lo stabilirsi di un legame precoce, il gioco ha contribuito a cementarlo. “La prima volta che sono tornato a casa e lei ha abbandonato quello che stava facendo per gattonare da me è stato davvero speciale”, dice.
In definitiva, affermano gli esperti, non importa se gli uomini affrontano sfide maggiori rispetto alle donne nello stabilire il legame con i loro bambini; quello che conta è che stabiliscano un legame sicuro alle loro condizioni. E il modo migliore per un uomo di conoscere e amare la piccola creatura che ha occupato il suo mondo è semplicemente quello di passare del tempo con lei, sia che le faccia un bagno o che giochi al cucù.
“Quale che sia il vantaggio ormonale o biologico di una madre, tutti devono iniziare a costruire relazioni alla nascita”, afferma Michael Lamb, Ph.D., capo della sezione sullo sviluppo sociale ed emotivo presso il National Institute of Child Health and Human Development di Bethesda, nel Maryland. “Più tempo si passa con una bambina e più cose si fa con lei, più velocemente si sviluppa e si rafforza la relazione, indipendentemente dal sesso del genitore”.
Ulteriori esperimenti ormonali potrebbero dimostrare che i padri non sono poi così indietro e che l’evoluzione li ha dotati della capacità di relazionarsi con i loro bambini fin da subito, allo stesso modo delle madri. Ma è compito di entrambi i genitori far sì che questo attaccamento si realizzi. Secondo il dottor Parke, le madri dovrebbero incoraggiare i padri a svolgere più attività quotidiane/routinarie con il bambino e dovrebbero fornire un rinforzo positivo, anche se, ad esempio, un pannolino non è stato messo alla perfezione. E il dottor Storey, un pioniere della ricerca ormonale più avanzata, afferma che è fondamentale che i papà si ritagliano un ruolo di caregiver attivo.
“Gli ormoni possono modificare il normale assetto, rendendo le donne più reattive agli stimoli del bambino”, dice, “ma gli ormoni non determinano cosa succede. I papà possono decidere da soli come relazionarsi con il bambino”.
Copyright © 2002 David Sparrow. Ristampato con il permesso dal numero di ottobre 2002 della rivista Parents.
Tradotto da Annina Lubbock e Alessandro Volta